Intervista con il copy, Francesco Morzaniga

Dai produttori di Terror.org. Dal regista de L'Ammazzatore. Dall'aiuto-regista de L'Ammazzatore. Dal capo elettricista di Tension. Signori, un'intervista con il Copy che vi lascerà con il fiato sospeso.

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[Data di pubblicazione intervista: 15 ottobre 2020]

Signore e Signori, per la rubrica “Intervista con il copy”, ho avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con il copywriter Francesco Morzaniga.

E immediatamente il suo capo mi ha cazziato: “Te ne concedo massimo due!!” (Si scherza, ovviamente). Quattro, due, per evitare di andare in confusione con i numeri, vi presento subito Francesco.

Francesco, per chi ha ancora il piacere di annusare la carta de l’ Internazionale, è il copy che è riuscito a stupire i disfattisti della pubblicità offline (ma anche gli amanti dell’online advertising). È infatti il principale artefice dei testi delle campagne NeN, la prima startup EnerTech in Italia, apparsi in IV di copertina della celebre rivista d’attualità internazionale qualche settimana fa.

Intervista-con-il-copy-Francesco-Morzaniga-Quarta Copertina Internazionale
Creatività della campagna NeN sulla IV di copertina de l’ Internazionale

Francesco è un classe ’89 ma nel suo percorso lavorativo ha già potuto conoscere realtà molto interessanti come Cayenne e Accenture Interactive. Ora è alle prese con la scrittura per un brand innovativo e che ha saputo presentarsi al mondo offline senza troppi fronzoli.

Ciao Francesco! Raccontaci un po’ di te, chi sei e cosa fai nella vita.

Ciao! Sono Francesco, ho 31 anni e scrivo. Da dicembre 2019 faccio parte di NeN, una startup che vende energia e che ha messo il linguaggio al centro della propria attività.

Intervista copy Francesco Morzaniga
Lui è Francesco Morzaniga, copywriter

Mi piacerebbe che svelassi a chi ci legge, qual è stato il tuo percorso per diventare copywriter. Si può definirla una strada “regolare” o hai dovuto affrontare “varie e inaspettate” peripezie?

Direi qualcosa a metà. La strada “regolare” per diventare copy equivale a frequentare un master, cosa che non ho avuto la possibilità di fare. Come tanti, sono uscito da un’università pubblica e ho avuto la mia quota di stage senza prospettiva in realtà interessate ad abbassare il costo del lavoro.

Vicino al mio primo contratto come “SEO copywriter”, mi sono dimesso perché sentivo che non era roba per me; dopo qualche mese da disoccupato, ho passato un test e sono entrato in una grossa agenzia, prima in prova, poi con un determinato. Da lì è andata in discesa.

Fare il copywriter è sempre stato il sogno della tua vita o da bambino volevi fare l’astronauta?

Volevo fare il giornalista. Fino all’università l’idea era quella, ma la crisi del settore e la bassa qualità della nostra informazione mi spinsero a cambiare in corsa.

Se all’epoca ci fossero stati punti di riferimenti diversi – leggi: Il Post –, forse avrei continuato su quella strada; ma vedevo cattiva scrittura, sciatteria, poche idee e un’allarmante propensione al click-baiting anche nelle testate “storiche”.

La pubblicità aveva i suoi problemi, era in grave contrazione, ma mi sembrava meno ipocrita.

Nella gavetta di un copywriter, qual è, a tuo parere, il “mostro” che tutti devono affrontare per poter arrivare alla realizzazione?

Il mostro è l’italiano che leggiamo e ascoltiamo tutti i giorni sulla maggior parte dei giornali, delle pubblicità e dei siti delle aziende.

Per scrivere bene bisogna leggere bene: nel concreto, questo significa sviluppare una repulsione per le frasi vuote, le formule abusate, il linguaggio burocratico e aziendale, quelle parole che abbiamo sentito così spesso che non significano e non ci restituiscono più niente.

Qual è stato il tuo primo lavoro da copywriter che ti ha convinto? Quello per cui ti sei dato una pacca sulla spalla e ti sei detto “Ragazzo, tu mi piaci!”

Forse un film per un brand di orologi. Uno dei tanti lavori che non ha mai visto la luce, in agenzia capita spesso, ma era buono: aveva un concetto interessante e un bel claim.

Dalla reazione del mio direttore creativo ho capito che potevo fare questo mestiere, poi certo, si può sempre fare meglio. Anche oggi mi capita di rado di essere davvero contento delle cose che scrivo.

Sei già riuscito a toglierti qualche soddisfazione nella tua carriera fino ad oggi?

Qualcuna. L’opportunità che mi ha dato NeN – scegliere un TOV da zero, scrivere o supervisionare ogni pezzo della comunicazione, nella pratica costruire un grosso pezzo della brand identity – non capita a tutti. È un lavoro che va oltre una bella campagna.

Dove pensi ti porterà questo fantastico viaggio professionale? (Chiederti dove ti vedi da qui a 5 anni suona troppo job interview.)

La verità è che non ne ho idea.

Un newbie è disposto a pagarti per la domanda da 1 milione di dollari: Cosa conta davvero per diventare copywriter? A te la risposta!

Serve saper scrivere, e quello non si insegna; serve molto lavoro, che è altrettanto importante; soprattutto, serve il contesto giusto in cui crescere e il tempo per poterlo fare, quindi un’opportunità vera.

Copywriting: più creatività, più strategia, più storytelling o più persuasione? Su cosa preferisci puntare quando scrivi e perché.

Non credo ci sia una ricetta valida per tutti. Io parto sempre dalla strategia: studio il brief e il contesto, quindi cerco di entrare nella testa di chi leggerà, guarderà o ascolterà l’annuncio. Lo storytelling è una conseguenza.

Hai una qualche percezione del “panorama copy” qui in Italia? Credi che le aziende nazionali sappiano inquadrare e ben valutare il peso di un copywriter?

In un aggettivo, credo che in Italia il panorama della comunicazione sia desolante. I reparti marketing di molte aziende sono in mano a persone che non hanno mai lavorato in pubblicità, che non guardano cosa si fa all’estero e che imparano il mestiere da altre persone che non hanno mai lavorato in pubblicità e che non hanno mai guardato cosa veniva fatto all’estero.

Questo mortifica gli sforzi delle agenzie, che hanno del vero talento all’interno ma che riescono a mostrarlo solo a intermittenza, perché di soldi c’è estremo bisogno e si finisce per accontentare il cliente, cosa che nella pratica significa appiattire la creatività sulla base dei feedback o partire già sconfitti, cioè abbassare le pretese in partenza, che è anche peggio.

Se poi ci concentriamo su chi fa copy dentro le aziende, la situazione è ancora peggiore; sono convinto, però, che prima o poi le cose cambieranno. Dobbiamo solo darci una svegliata.

Formazione: chi sono stati (o continuano ad essere) i tuoi mentori?

Il grosso di quello che so l’ho imparato nei miei anni in Cayenne. Lì ho incrociato un paio di persone che ho invidiato e continuo a invidiare ancora oggi, per la facilità di scrittura e di pensiero, soprattutto, ma preferisco tenere i nomi per me.

Un romanzo che porteresti con te ovunque, nello spazio, nel tuo giro del mondo in solitaria, su un’isola deserta.

Quello che sto cercando di scrivere. Almeno riuscirei a finirlo 🙂

Ringraziamenti

Ringrazio Francesco per aver messo a disposizione di copywriter e aspiranti tali il suo tempo, raccontandoci un po’ del suo percorso e della sua carriera.
Se vuoi sapere di più sulla sua professione, questo è il suo profilo LinkedIn.

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