Intervista a Flavia Rubino, esperta di Brand Marketing e Branding Agile

Intervista a Flavia Rubino, icona italiana del Brand Marketing e dell'Innovazione Digitale. Scopri come fonde tecnologia e human touch in un’intervista esclusiva, rivelando segreti e strategie per un marketing etico e innovativo.

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È un mondo difficile e vita intensa.

La trasformazione digitale accelera e siamo sempre più circondati da sedicenti esperti di marketing che hanno la formula segreta per fatturare tonnellate di milioni al secondo. Per fortuna, esistono ancora figure professionali che incarnano la fusione tra innovazione e tradizione, tra tecnologia e human touch. Flavia Rubino è una di queste figure eccezionali.

Con un background straordinario che spazia dal marketing strategico all’innovazione digitale, Flavia rappresenta lo scrigno di saggezza che permette alle nuove leve di credere ancora nel mondo del marketing.

La sua filosofia è chiara: non basta essere digitali, bisogna pensare digitali. Ecco perché, oltre a consulenze strategiche, Flavia si dedica alla formazione, con un focus particolare sui giovani talenti e sulle start-up. La sua metodologia, un mix sapiente tra teoria e pratica, è stata definita rivoluzionaria: il Lean Branding. Apprendere gli strumenti del marketing supportati da, studio, ricerca e digitale, per vedere oltre gli algoritmi e i dati e cogliere le reali necessità del mercato e delle persone.

Da professionisti di marketing di questo calibro serve solo sedersi e stare ad ascoltare ammirati. L’intervista a Flavia Rubino, esperta di comunicazione digitale e influencer marketing

Flavia Rubino: esperta di Brand Design e Brand Marketing

Faccio sempre una domanda introduttiva ai miei ospiti per rompere il ghiaccio e permettere a tutti i lettori di calarsi nel pieno dell’intervista nella piena consapevolezza del contesto: ci racconti chi sei, cosa fai e se hai sempre sognato di fare quello che fai nella vita?

Sono una donna, una madre di due ragazzi, sono… ops, meglio rifarla questa.

Sono stata direttrice marketing in grandi aziende del largo consumo, e poi ho creato una mia società per fare marketing e ricerche di marketing in modo innovativo (io lo chiamo marketing della Conversazione).

Da piccola pensavo solo a prendere buoni voti agli esami e a giocare a tennis. Il lavoro doveva servirmi a prendermi un gatto, una motocicletta, una casa con un camino e tanti libri, e sono felice di aver fatto tutto. Purtroppo poco tempo fa ho dovuto rottamare la moto e rassegnarmi a un chiodo nella gamba, rovinata da qualcuno che guardava il telefono e mi ha preso in pieno… ma ho compensato aumentando la famiglia a tre gatti e un cane.

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Come fare Branding secondo Flavia Rubino

Quanti modi ci sono di fare Branding? Se esistono più modi di fare Branding!

A parte tutto, mi sono appassionata al brand marketing perché indaga profondamente le emozioni umane. È la più umanistica delle discipline aziendali. Non puoi fare business se non consideri le persone, credo sia questo l’aspetto che più mi affascina. E questo è anche l’aspetto che accomuna tutti i tipi di brand: la relazione con le persone. Poi, ovviamente, possono esserci tanti diversi tipi di relazione: l’importante è che restino sempre sane e rispettose.

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Una domanda secca a Flavia Rubino

Si può fare marketing e comunicazione senza fare Branding?

Sì, ma in quel caso si chiama vendita.

L’esperienza di Flavia Rubino nelle grandi aziende

Quale bagaglio formativo ti porti (e conservi con gelosia) dalla tua esperienza come dipendente? Cosa ti ha portato a diventare una lavoratrice indipendente?

La smisurata ambizione di lasciare un segno positivo nel mio mondo. Ma ho potuto farlo solo grazie alla solidissima formazione ricevuta dalle grandi aziende, le grandi navi scuola del marketing.

L’ikigai di Flavia Rubino

Come e perché hai deciso che il tuo ikigai, il tuo scopo nel mondo (se così possiamo chiamarlo) sarebbe stata la divulgazione sul Branding?

Posso saltare questa domanda? (ho risposto sopra 😊).

Odio l’ikigai almeno quanto il kintsugi (spoiler: purtroppo le mie ossa non si sono riparate con un bel filo d’oro, ma con ferro lacrime e sangue, e neanche riparate del tutto).

Quando è nato il Brand Marketing?

Come nasce il Branding? Ovvero quando l’uomo ha capito che serviva fare Branding per prosperare nella sua vita?

Nasce con l’economia industriale, con l’abbondanza dell’offerta e con la concorrenza. Fin quando in un villaggio contadino c’è un solo fornaio o una sola artigiana che intreccia vimini, non avrai dubbi su dove andare a comprare il pane e le ceste. Con il proliferare di prodotti e servizi, la necessità di creare una relazione privilegiata tra chi offre e chi cerca qualcosa nasce come bisogno di sopravvivenza per il produttore e come bisogno di guida/rassicurazione per l’acquirente, che altrimenti rimarrebbe paralizzato/a, incapace di decidere.

La crescita delle PMI secondo Flavia Rubino

Ti sei fatta un’idea sul perché le PMI italiane la maggior parte delle volte non riescono a trasformarsi in grandi aziende? Credi che sia una questione di poca “cultura del Branding”? Provo a essere più diretto: tra tutti gli asset aziendali, il brand è ancora quello più trascurato?

Sì, decisamente. Quello che manca alle PMI è un innalzamento dei livelli di innovazione e produttività. Investire nel branding dovrebbe servire esattamente a quello, perché un brand più forte ti permette profitti più elevati e quindi maggiori investimenti in tecnologia, innovazione, lavoratori qualificati etc. È un circolo virtuoso che non si riesce a innescare fin quando il brand viene considerato dall’imprenditore solo un vezzo troppo costoso, o peggio ancora una casellina da spuntare con un bel logo e un bel sito.

Comunicazione di Brand e best practice: il parere di Flavia Rubino

Correggi questo mio ragionamento: se il Branding dovrebbe essere la normalità affinché un’azienda abbia successo di lungo periodo nel mercato – quindi si trasformi in una sorta di convenzione per chi fa business – come mai chi divulga le buone pratiche di Branding, deve usare un linguaggio non-convenzionale con chi lo ascolta? Dove stiamo sbagliando?

Aiuto, non sono sicura di aver capito! Puoi rifarmela più semplice?

Comunque posso dire questo: i sedicenti consulenti di branding che usano effetti speciali e trucchi magici sono il male. Lo fanno perché a loro volta devono distinguersi da una pletora di guru e santoni simili a loro. Invece la fiducia in un brand così come in una persona non si nutre di artifici, ma di piccoli fatti semplici e concreti. Io credo fermamente nel #backtobasics: il ritorno ai fondamentali. Se ti impossessi dei fondamentali del brand marketing, sarai anche in grado di distinguere i professionisti seri dai tanti ciarlatani. Ma questi fondamentali, spesso e drammaticamente, mancano.

L’importanza della fiducia nel marketing per Flavia Rubino

Relazione, fiducia, conversazione. Sono tutti termini che utilizzi spesso per spiegare il Branding e che, da un punto di vista filosofico, confermano quanto diceva Aristotele, ovvero che l’uomo è un animale sociale, per natura portato a stare in contatto con gli altri. Ma allora perché non riusciamo a comunicare il brand (o un business) in maniera corretta? Perché la nostra comunicazione si incaglia su posizioni che non permettono di consegnare il messaggio al nostro destinatario e stimolarlo per ricevere indietro una sua risposta? Detto più semplice: sbaglio o siamo circondati da un “marketing a senso unico”?

Siamo circondati da un marketing imbruttito dal digitale, un marketing cinico e manipolatorio. Mi spiego meglio: il digitale ha creato l’illusione che il marketing sia solo uno sporco funnel di vendita in cui tutto è immediatamente misurabile. Non è così, il marketing è branding fatto da indicatori di fiducia che devi saper individuare e misurare anche e soprattutto sul lungo periodo.

Flavia Rubino e il suo rapporto col digitale

Il tuo rapporto con il digitale. Comprendo molto bene quando dici che conoscere il digitale non significa conoscere il marketing e la comunicazione. Ma come far passare questo concetto ai Nativi Digitali? Credi che una parte della conoscenza dell’uomo sia messa in pericolo dalla tecnologia digitale imperante? Nonostante questa sia un grande vettore che ha dato grande impulso alla riscoperta del marketing?

Il digitale ha aperto un mondo fantastico di opportunità di conversazione tra persone, ed è ormai completamente integrato nelle nostre vite: non vorrei mai che mi si fraintendesse come nemica del digitale, sarebbe una posizione cieca e sciocca. I nativi, se equipaggiati con lo studio e la conoscenza dei fondamentali del vero brand marketing, faranno grandi cose. Viceversa se incatenati a 4 KPI di un funnel, rimarranno ahimè piccoli criceti in un funnel.

Il valore del marketer per Flavia Rubino

Valore: tutti ne parlano, pochi lo conoscono. Qual è il valore che il marketer deve generare per sentirsi un buon marketer?

Quando risolvo un problema reale in modo tale che le persone siano disposte a pagarmi bene e a tornare da me per il piacere di interagire con me e di sentirsi in un certo modo, allora sto creando una conversazione duratura, che è un valore non solo economico, ma anche sociale. Se invece utilizzo la comunicazione per esercitare un potere manipolatorio, per invadere l’ecosistema con contenuti poveri e pessimi, per convincere a comprare qualcosa che non serve a nulla se non ad arricchire me stesso, sono un narcisista e un inquinatore. Per fortuna questo è un modello che dura poco e fallisce presto, ma per quanti falliranno, ce ne saranno tanti altri che proveranno di nuovo quella strada. L’unica soluzione è fare cultura.

Da MVP a MVB: in Italia siamo pronti a questo passaggio?

MVP è un acronimo sempre più diffuso nel mondo del business e tra le agenzie di marketing e comunicazione. Sta per Minimum Viable Product, ovvero Prodotto Minimo Attuabile. L’MVP, nonostante sia molto apprezzato da chi applica una strategia di business lean, stona con l’evoluzione di un mercato che si sposta sempre più dal prodotto verso il cliente. Mi è piaciuta molto la tua risposta MVB, Minimum Viable Brand in contrapposizione a MVP. Ci spieghi di cosa si tratta e se qui in Italia siamo preparati a questo?

Se stai creando qualcosa da zero, MVB significa porsi non solo il problema di come funzionerà il prodotto rispetto ai problemi delle persone, ma anche di che tipo di relazione vuoi creare con quale tipo di persone, basata su quali valori sociali.

Certo che saremmo pronti, il problema è che con il mio Lean Branding e il Minimum Viable Brand non diventerò mai famosa come Eric Ries (storico fondatore del metodo Lean e autore di “Partire Leggeri”).

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Una AI può creare un Brand?

L’Intelligenza Artificiale che conosciamo oggi è capace di generare un Brand? Hai già ipotizzato il tuo personale scenario futuristico-distopico sull’evoluzione dell’AI? Vuoi condividerlo con noi?

No, sull’intelligenza artificiale resto molto umile e sono in fase di ascolto e studio. Per ora la vedo osannata da quel marketing becero di sui sopra, che la usa per moltiplicare la quantità di output immessi nell’ambiente, e questo è già il futuro distopico che dicevi. Ma per fortuna ci sono anche esempi positivi.

L’opinione di Flavia Rubino sul caso Chiara Ferragni

Parliamo di attualità. Brand & Scivoloni (o come direbbero i tecnici, Brand Reputation e Crisis Management). Hai seguito il caso Chiara Ferragni, Balocco e AGCM (immagino proprio di sì)? Qual è il tuo punto di vista su questa faccenda? Cosa diresti – sotto una luce prettamente scolastica – su questo Caso Studio così nazional-popolare?

Sarò molto breve perché se ne è parlato troppo. Da un lato sono delusa dalla mancanza di un’etica chiara da parte di una grande azienda e di una grande professionista. Dall’altra sono abbastanza disgustata dall’accanimento che ho visto nei social e nei media: quanti avvoltoi che si sono gettati felici sul banchetto, quanti articoli e post…troppi, basta. Era quasi meglio parlare della Venere Influencer.
Comunque questo caso sarà un’opportunità per i brand per rivedere il loro impegno sociale alla luce di principi e criteri più seri, al di là del “washing” che è in agguato ovunque.

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I consigli per lavorare nel marketing di Flavia Rubino

Cosa bisogna fare se da grandi si vuole essere Flavia Rubino? Ti senti di raccontare il tuo excursus professionale per ispirare le nuove generazioni che vorrebbero lavorare nel marketing ma non sanno come iniziare?

Non mi sento di rappresentare un role model, ognuno ha il suo percorso! Non potrei incoraggiare qualcuno a seguire le mie orme, che sono state fin troppo incanalate e irregimentate per lungo tempo, per poi pagare l’iniziale sicurezza con gli interessi e prendere tutte le botte che mi ero risparmiata prima.

Oggi un giovane che inizia a lavorare trova condizioni molto diverse dalle mie, non c’è paragone, e forse impara molto prima a scegliere e a proteggersi. Ma se ha la fortuna di trovare un bel brand e un/a brava/o mentore da cui imparare, dovrebbe tenerseli stretti il più a lungo possibile e assorbire conoscenze. E poi ci sono sempre due modi infallibili per crescere: leggere libri e viaggiare. Fatelo, tanto!

Ringraziamenti

Grazie Flavia per questo autentico e stimolante scambio sul Brand Marketing. Le tue parole riflettono la passione e l’impegno che metti nel tuo lavoro, mostrando chiaramente il percorso di una professionista navigata che crede fermamente in nel suo mestiere. Ma soprattutto divulga con passione e in maniera etica.

Grazie per aver condiviso la tua preziosa esperienza con i lettori di Facile Web Marketing. I consigli che hai fornito sono una miniera d’oro, soprattutto per i giovani che ambiscono a un futuro nel mondo della comunicazione per le imprese, del marketing e dell’innovazione.

Per chiudere, vi lascio alcuni link utili per entrare in contatto con Flavia Rubino:

Grazie per aver letto il mio approfondimento 🙂

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