Cosa ne sarà di noi? Mi aiuti a capirlo?

Esploro il senso di smarrimento dei professionisti del marketing nell’era dell’AI, offrendo spunti concreti per affrontare il cambiamento con lucidità e visione strategica.

Cosa trovi in questo articolo:

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Questa è una mia riflessione rivolta agli addetti ai lavori nel settore marketing e comunicazione digitale.

Negli ultimi mesi ho avuto questa sensazione più volte, e magari anche tu che stai leggendo sai di cosa parlo.

La sensazione, sottile ma persistente, di stare diventando inutile.

Non come persona (ho una figlia e una moglie da torturare😁), ma come professionista del marketing e della comunicazione digitale.

È un pensiero che nasce dalla stanchezza? Forse sì, dopo più di 10 anni nel settore è legittimo.

È la solita “crisi da freelance” del lunedì mattina? Meno probabile, oggi è mercoledì.

È piuttosto qualcosa di più profondo, più sistemico, più diffuso. La consapevolezza che il nostro lavoro sta cambiando. E non sappiamo ancora verso cosa.

Il punto di inizio di questo cambiamento – lo sappiamo tutti – è lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale generativa.

L’AI stra gradualmente evolvendo come strumento marginale e moda passeggera.

La sua presenza è sempre più tangibile. Per alcune cose è effettivamente utile per altre si tratta solo di processi algoritmici rivisitati e spacciati per Intelligenza Artificiale. Fanno una parte di quello che fino a ieri facevamo noi (bene o male, questo è un altro discorso):

  • scrivono
  • traducono
  • analizzano dati
  • generano immagini
  • ottimizzano campagne
  • progettano contenuti

Lo fanno in un secondo. Senza chiedere una pausa. Senza lamentarsi. Senza contratto. Questo è vero game changing. Questa è la cosa sexy per tutti – al di là dei nostri orientamenti sessuali.

E a quel punto la domanda che ci rimbalza in testa è una:

perché un’azienda dovrebbe continuare a pagare noi? Semplici e fallaci umani.

💡 Brevissima parentesi – qualche settimana fa ho partecipato a una lecture organizzata dall’associazione AINEM sul fantastico libro Homo Sapiens di Yuval Harari. Al minuto 51 del video qui sotto, puoi seguire il mio intervento. Questo libro ha tanto in comune con quanto stai leggendo ora.

L’illusione del “basta premere un bottone”

Sia chiaro: non credo nel mito della macchina che lavora da sola. O almeno, non ancora.

Oggi – e probabilmente anche domani – l’AI ha bisogno dell’uomo. Ha bisogno di:

  • una guida
  • di una visione
  • di contesto

Di senso. Non possiamo (ancora) premere un tasto e aspettarci che un intero funnel marketing ci venga cucinato su misura, servito caldo e impiattato alla perfezione.

Ma sappiamo anche che questa fase di co-pilotaggio non durerà per sempre.

E intanto:

  • Le aziende iniziano a tagliare i costi usando l’AI per fare quasi le stesse cose che facevamo noi (lo fanno ancora male, leggi qui).
  • Le persone cominciano a spostare le loro ricerche da Google a strumenti conversazionali (ChatGPT) che danno risposte (giuste o sbagliate, poco importa).
  • Si diffonde una percezione pericolosa: alcuni lavori nel marketing operativo possono essere automatizzati. E quindi forse non servono più.

Ecco la sensazione che ci investe. Non è solo paura. È una crescente perdita di senso.

Quindi che fare (per noi addetti ai lavori)?

Una parte di me – lo ammetto – avrebbe voglia di scollegarsi da tutto, respirare forte e farsi un anno sabbatico. In un certo senso lo sto già facendo investendo una parte delle mie energie su @monferr_bike su Istagram.

L’altra parte, però, quella che ha vissuto tante transizioni digitali, lo sa: non possiamo tirarci indietro.

La domanda che mi sto facendo – e che giro a te – è questa:

Su cosa possiamo davvero influire, oggi, come professionisti del marketing e della comunicazione?

Ecco qualche mio pensiero nebuloso:

  • Possiamo scegliere dove investire il nostro tempo. Smettere di rincorrere l’ultimo trend, e iniziare a costruire qualcosa di solido e utile.
  • Possiamo affinare il pensiero strategico, che è ancora profondamente umano. La macchina può scrivere un testo, ma non può intuire il vero bisogno di una persona.
  • Possiamo (dobbiamo!) restare lucidi: evitare il sensazionalismo, evitare i post apocalittici, evitare di seminare panico tra colleghi o clienti. Questa è una grossa responsabilità sulle spalle soprattutto di chi possiede ancora visibilità ed è riconosciuto come thought leader nel marketing e nella comunicazione.
  • Possiamo imparare a usare questi strumenti come leve, non come nemici. In maniera ETICA.

E soprattutto, possiamo continuare a fare ciò che ci ha sempre distinto: mettere umanità nella comunicazione.

Cosa evitare?

1. Evitiamo i post da oracolo.

Quelli che profetizzano la morte del copywriter, del designer, del consulente. Non servono a niente. Se non a peggiorare la percezione di inutilità che ci circonda.

2. Evitiamo di paragonarci alle macchine.

Non potremmo mai sostenere le prestazioni di una macchina. La macchina lavora con sistemi diversi. La macchina replica. Noi siamo un’altra cosa.

Fino al momento in cui scrivo questo articolo, abbiamo un cuore, un cervello, 5 organi si senso + 1 e siamo maledettamente fallibili. Abbiamo la capacità di interpretare, di sentire, di vedere oltre.

Evitare di ignorare il cambiamento sarebbe il più grave degli errori. Ma dobbiamo assumere l’onestà intellettuale che possiamo salvare il nostro destino di “specie utile”. E non lucrarci sopra.

Ti lascio questa riflessione, per favore, lasciami la tua

Siamo dentro un passaggio storico. Non ne conosciamo la destinazione, ma possiamo scegliere con che atteggiamento attraversarlo.

Io scelgo di non mollare. Non faccio finta di niente ma evito di gridare al lupo. Purtroppo ho scelto di allenare il pensiero critico e questo causa grossi scompensi umorali. Ma sento che continuare a studiare è il mio destino e sogno di circondarmi di persone lucide.

Quando serve, sì, anche di restare in silenzio. Per ascoltare meglio.

Oggi più che mai è tempo di capire chi vogliamo essere. In un mondo dove le macchine sanno già fare (quasi) tutto.

Grazie per aver letto il mio approfondimento 🙂

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2 risposte

  1. Bella riflessione. Ho pensato al tuo pensiero di “diventare inutili” e non mi è balenato nemmeno per un secondo questa cosa. Ho imparato talmente tante cose nel digital che posso tranquillamente traslarlo nel mondo offline nel caso tutto il web diventi autogenerativo 😁 abbiamo forse dimenticato il valore delle connessioni con le persone e chissà se è arrivato il momento di staccarci un po’ dalla bolla dei social

    1. Ciao Mirko, grazie davvero per questo commento.

      Hai centrato un punto fondamentale: traslare competenze, e soprattutto ritrovare il valore umano che abbiamo messo un po’ da parte, inseguendo dashboard, KPI e caroselli Instagram.

      Forse è davvero arrivato il momento per tutti di uscire dalla bolla e tornare a parlare con le persone.

      Ci vediamo nel mondo reale, a presto!
      Nicola

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